Distanti e diseguali. Il lockdown e le diseguaglianze in Italia

Working Paper 1/2021 di P. Brunori, M. L. Maitino, L. Ravagli e N. Sciclone

La fase critica dell’emergenza sanitaria dell’epidemia da Covid-19 in Italia sembra alle spalle. Ma per
l’economia la fase più complicata deve ancora cominciare. Alcuni settori, che hanno vissuto i mesi di
lockdown sospesi, sostenuti da interventi pubblici di integrazione di reddito straordinari, si troveranno a
dover ripartire in un contesto economico fortemente incerto. Anche le aree del paese, che da un punto
di vista sanitario sono state meno duramente colpite, non faranno eccezione. Oltre agli effetti diretti del
periodo di restrizioni, l’economia del paese dovrà affrontare una caduta della domanda consistente nei
mesi a venire.
L’entità e la distruzione settoriale della crisi che seguirà il periodo di lockdown sono difficili da
prevedere. Per rendersene conto è sufficiente considerare le stime di cadute del PIL italiano prodotte
fra il 27 marzo e il 14 aprile da dieci istituti di ricerca italiani e internazionali. Le previsioni, che
ipotizzano tutte circa due mesi di forti restrizioni, vanno da una flessione inferiore al 2% (Istat, 2020) a
una previsione di -15% (Unicredit, 2020). Solo per questo motivo nell’analisi che qui presentiamo ci
limitiamo a quantificare quali saranno gli effetti redistributivi del periodo di lockdown in Italia, senza in
alcun modo considerare gli effetti di medio e lungo periodo. Non perché si intenda sottovalutare gli
effetti di medio periodo della crisi sanitaria ed economica, ma semplicemente perché in questa fase è
prematuro immaginare di poterli valutare correttamente.
In Italia, così come nel resto del mondo, le misure restrittive stanno colpendo in modo molto eterogeneo
i diversi settori dell’economia e i diversi tipi di lavoratori (Baldwin, 2020; Franzini, 2020; Istat, 2020). Si
tratta di uno shock che colpirà in maniera diversa persone e famiglie che hanno una differente capacità
di proteggersi. Le diseguaglianze di partenza finiranno per essere un amplificatore dei costi della
pandemia. In questa analisi ci concentriamo proprio sugli effetti sulle diseguaglianze delle misure di
lockdwon in vigore in marzo e aprile in Italia.
L’analisi prende in considerazione uno scenario simile a quello ipotizzato da altri autori, concentrandosi
su un orizzonte di breve periodo (Figari e Fiorio, 2020). Gli effetti valutati sono quindi quelli della
chiusura totale di alcuni settori, identificati tramite codice Ateco, mentre altri settori sono considerati
non toccati dalle restrizioni, quali ad esempio la grande distribuzione o l’intero settore pubblico. Inoltre,
si ipotizza che dopo due mesi di restrizioni l’economia italiana riprenda il suo normale corso. I redditi,
nei mesi precedenti e successivi, sono pertanto quelli che avremmo avuto in assenza di epidemia. Ciò
coerentemente con l’obiettivo di valutare la caduta imputabile al solo lockdown. Come strumenti di
protezione dalla caduta del reddito si considerano, assieme a tutti sussidi esistenti, le novità introdotte
dalla decretazione governativa durante la crisi.
L’effetto di mitigazione della crisi ottenuto attraverso gli interventi in vigore è confrontato con due
ipotesi alternative: il potenziamento degli strumenti di protezione sociale proposto dal Forum delle
Disuguaglianze e Diversità e un reddito di solidarietà che implementa un meccanismo di redistribuzione
a costo zero per l’erario.