a cura di D. Marinari e N. Sciclone
In Italia l’immigrazione, fenomeno più che ventennale, continua ad essere presentata, percepita e trattata come una emergenza. Con oltre 5 milioni di stranieri regolarmente presenti (pari al 9% dei residenti), dei quali il 70% “a tempo indeterminato” (perché comunitari o con permesso di lungo periodo), l’immigrazione in Italia è un fenomeno strutturale e consolidato. Ai residenti si aggiunge la popolazione costituita dai richiedenti protezione internazionale, di dimensioni variabili nel tempo e decisamente più ridotte (al 15 gennaio 2020 poco più di 90mila presenti nei centri di accoglienza tra titolari di protezione e richiedenti asilo, a fine 2017 erano 184mila), ma molto mediatizzata e percepita come “l’unica” immigrazione presente.
A questo riguardo uno dei risultati che più colpisce dell’indagine IRPET sui cittadini toscani è che per un intervistato su tre i “clandestini” rappresentano la maggioranza degli immigrati in regione. Aggiungendo a questi anche coloro che pensano che gli irregolari siano in numero uguale a quello dei regolari, il 47% dei toscani ritiene che la metà o più degli immigrati che incontriamo quotidianamente nelle nostre città e paese non sia in regola. In Toscana gli stranieri residenti sono 417mila (11,2% del totale) per il 63% comunitari o con permesso illimitato e per il 73% presenti in Italia da più di 10 anni, per contro gli immigrati nei centri di accoglienza sono 6mila e si stimano meno di 40mila irregolari. Nel corso di poco più di 20 anni i flussi migratori in regione hanno anche prodotto più di 110mila nuovi italiani, coloro che hanno ottenuto la cittadinanza nel corso del tempo, e quasi l’80% dei bambini e ragazzi fino a 14 anni – circa 55mila – è nato in Italia. Gli immigrati rappresentano il 20% delle nuove nascite (29% se consideriamo anche i figli di un genitore italiano e uno straniero), il 13% degli occupati e il 13% degli imprenditori1; non si può considerare quindi il fenomeno migratorio come un’emergenza o un elemento provvisorio o temporaneo, poiché rappresenta una parte consistente, e radicata, della società toscana. Ciò nonostante nella nostra regione le percezioni negative nei confronti degli immigrati e del loro impatto sulla società e l’economia della regione sono condivise, se non da una maggioranza, certamente da una quota significativa di cittadini.
L’incidenza degli immigrati sul totale dei residenti in Toscana tende a essere abbastanza sovrastimata, in particolare da alcune fasce di popolazione. In tutte le indagini, realizzate anche da molti anni a livello nazionale e internazionale, emerge una significativa distanza tra la percezione che gli intervistati hanno della presenza di immigrati nel loro paese e il peso effettivo. La letteratura che tratta del “pericolo delle percezioni” definisce il divario tra dimensione percepita e dimensione reale come frutto di ”emotional innumeracy” ovvero ignoranza numerica legata alle emozioni. Quando abbiamo un’idea sbagliata di un fenomeno sociale, causa ed effetto diventano intercambiabili: sovrastimiamo ciò che ci preoccupa o ci preoccupa ciò che sovrastimiamo? Le caratteristiche personali (livello di istruzione, condizione professionale o non professionale, tipo di lavoro svolto, livelli di reddito familiare) influenzano le convinzioni e l’orientamento politico; le percezioni individuali sul fenomeno dell’immigrazione risultano quindi piuttosto differenziate tra i cittadini toscani.
Anche dal punto di vista territoriale la Toscana non si presenta omogenea, e questo indipendentemente dalla reale presenza di immigrati nei diversi luoghi. Sono le realtà più deboli dal punto di vista produttivo o delle specializzazioni, le aree turistiche costiere a maggiore disoccupazione, quelle con più bassi livelli di reddito, le aree agricole, ma anche manifatturiere, a maggior richiesta di manodopera con basse qualifiche, che esprimono le maggiori preoccupazioni nei confronti dell’immigrazione.
Un caso diverso appare la realtà di Prato caratterizzata da una forte presenza cinese, comunità per molti aspetti chiusa nei confronti della società esterna, che ha un’alta propensione all’imprenditoria ma anche, al suo interno, situazioni di sfruttamento dei lavoratori e di manodopera clandestina . Questa zona pur con un reddito e una disoccupazione in linea con la media regionale, una bassa competizione sul mercato del lavoro (esiste una netta separazione tra lavoro degli immigrati cinesi e dei nativi), esprime preoccupazioni e sentimenti negativi in proporzioni decisamente superiori alla media toscana.