IL CONTRIBUTO DELL’AGRICOLTURA TOSCANA ALLA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE. Il biologico come metodo di produzione agricola sostenibile

Studio commissionato all’IRPET da Regione Toscana - Autorità di Gestione del POR-FEASR. Rapporto realizzato da Sergio Mottola di GreenGea, Simone Bertini (coordinatore) e Sara Turchetti, con la collaborazione di Paolo Chini, Maria Luisa Maitino, Valentina...

Sergio Mottola di GreenGea, Simone Bertini (coordinatore) e Sara Turchetti, con la collaborazione di Paolo Chini, Maria Luisa Maitino, Valentina Patacchini

IL CONTRIBUTO DELL’AGRICOLTURA TOSCANA ALLA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE

Il biologico come metodo di produzione agricola sostenibile

Questo studio è stato commissionato all’IRPET da Regione Toscana – Autorità di Gestione del POR-FEASR.
Il lavoro è stato realizzato da Sergio Mottola, GreenGea, Simone Bertini, dirigente dell’Area Sviluppo locale, sistemi produttivi e imprese dell’IRPET (che lo ha anche coordinato), Sara Turchetti, con la collaborazione di Paolo Chini, Maria Luisa Maitino, Valentina Patacchini.

Editing a cura di Elena Zangheri.

Le motivazioni dietro la scelta di adottare o di sussidiare l’adozione di pratiche di agricoltura biologica sollevano questioni che sono alla base delle sfide globali a cui siamo chiamati a rispondere già da oggi. In generale, le politiche di incentivo all’agricoltura biologica rispondono all’esigenza di maggiore sostenibilità ambientale, e quindi di riduzione della pressione sulle risorse naturali, che si scontra con una domanda globale di beni alimentari in costante crescita; le Nazioni Unite, infatti, stimano che entro il 2050 la popolazione mondiale raggiungerà tra i 9 e gli 11 milioni di abitanti.

Dalla Rivoluzione Verde in poi la risposta prevalente alle pressioni demografiche è sempre stata quella “modernista”, cioè di aumentare la produttività per ettaro, riducendo, così, il consumo di suolo a scopi agricoli. Ciò è avvenuto al costo di un elevato impatto ambientale e pressione sulle risorse naturali, attraverso l’introduzione di varietà migliorate e, in seguito, di organismi geneticamente modificati (OGM), e l’utilizzo massiccio di fertilizzanti e pesticidi, che hanno fortemente ridotto l’agro-biodiversità e la fertilità dei suoli ed esercitato pressioni sulle risorse idriche (Khush, 2005; Pingali e Raney, 2005; Evenson e Gollin, 2003; Timmer, 1988).

Questo tipo di tecnologie non ha rappresentato una soluzione neanche in termini di minore consumo di suolo, in quanto, tipicamente, l’agricoltura intensiva richiede piantagioni su larga scala, spesso al costo di ampie deforestazioni e recupero delle terre marginali (Altieri, 2004). Si stima che, tra il 2012 e il 2017, ogni anno l’agricoltura mondiale abbia prodotto 16 miliardi di tonnellate  di emissioni in CO2 equivalente e che contribuisca al cambiamento climatico per una quota del 30%, proprio a causa della deforestazione, della produzione e uso di composti chimici e della diffusione di allevamenti intensivi (Clark et al., 2020). (…)