Nota di lavoro 10/2022 di S. Bertini, T. Ferraresi, L. Ghezzi, M. L. Maitino, L. Piccini, S. Turchetti e N. Sciclone
L’invasione della Russia in Ucraina sta generando nella opinione pubblica dei Paesi occidentali, negli ambienti politici, fra gli studiosi, una forte indignazione per una aggressione cruenta e lesiva della libertà e del diritto alla democrazia di un popolo. A questo sentimento popolare si accompagna una seria preoccupazione per le ricadute negative che la guerra rischia di provocare sulla economia mondiale.
Il timore che la ripresa, dopo due anni di pandemia contrassegnati da una profonda recessione, possa subire una significativa interruzione ha due principali ordini di motivazioni. La prima risiede nelle conseguenze di una contrazione delle relazioni commerciali con la Russia e, più in generale, del commercio mondiale. Il rischio di ripercussioni sull’attività economica si gioca in questo caso su due fronti: da un lato, la nostra esposizione diretta o indiretta alla domanda di beni e servizi proveniente dalla Russia; dall’altro, la nostra dipendenza dalle importazioni di beni e servizi russi.
La seconda fonte di preoccupazione trae fondamento invece dalla accelerazione dei prezzi delle materie prime. L’incremento dei prezzi di gas e petrolio, di cui la Russia è grande esportatrice, rischia di alimentare l’inflazione, già surriscaldata in Europa dallo squilibrio fra un eccesso di domanda ed un difetto di offerta di materie primarie, essenziali per la produzione. L’aumento dei prezzi, riflettendosi sui costi per le imprese, potrebbe diminuire la competitività del sistema produttivo in una misura tanto maggiore quanto più ampia è la dipendenza di ogni Paese dalle importazioni russe.
Gli effetti negativi sulla produzione sono pertanto una prospettiva non infondata. Anche perché l’impennata inflazionistica agirebbe sulla riduzione di potere d’acquisto dei consumatori comprimendo la domanda complessiva. Un tale contesto, con molti Paesi a corto di munizioni fiscali, rischia infine di alimentare una stretta monetaria, generando nel complesso una flessione della crescita.
Gli effetti a catena della crisi ucraina potrebbero quindi, se duraturi, dare l’avvio ad un periodo di stagflazione, ovvero ad un combinato disposto di recessione e inflazione che, allo stato attuale per le condizioni date, è solo un possibile scenario e non ancora una previsione. Ma che è doveroso ipotizzare, nell’eventualità che accadesse, per non farsi trovare impreparati.