Le aree interne in Toscana: caratteristiche attuali e opportunità di sviluppo

Rapporto a cura di S. Iommi

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Il presente lavoro è stato commissionato a IRPET dalla “Commissione istituzionale per il sostegno, la valorizzazione e la promozione delle aree interne della Toscana” del Consiglio Regionale Toscano, presieduta da Marco Niccolai.

È composto da contributi settoriali, che attingono alle diverse aree di studio dell’istituto. I capitoli sono così attribuiti: per la parte prima, Sabrina Iommi capp. 1 e 2, Leonardo Piccini cap. 3, Donatella Marinari e Maria Luisa Maitino cap. 4, Tommaso Ferraresi cap. 5, Sara Turchetti cap. 6, Enrico Conti cap. 7, Silvia Duranti, Donatella Marinari, Maria Luisa Maitino e Letizia Ravagli cap. 8; per la parte seconda, Giuseppe Francesco Gori cap. 9, Sabrina Iommi capp. 10 e 11.

Il lavoro afferisce all’Area Sistemi locali, cultura e turismo, coordinata da Sabrina Iommi.

Le aree interne sono costituite per definizione dai Comuni lontani da quelli che nel 2013 l’Agenzia Nazionale per la Coesione Territoriale ha identificato come servizi essenziali di cittadinanza, corrispondenti ai servizi sanitari di emergenza (pronto soccorso ospedaliero), all’istruzione secondaria di secondo grado, al trasporto pubblico su ferrovia (stazioni di livello silver).

Non sempre, come verrà confermato anche nel presente lavoro, questi Comuni coincidono con ambiti di persistente declino demografico, di debolezza economica e di marginalità sociale. Anzi, spesso queste aree, seppur in difficoltà nell’accesso ai servizi pubblici, hanno tessuti produttivi importanti, sia a scala locale per il mantenimento della popolazione residente, sia come contributo all’economia regionale, nella creazione del valore aggiunto complessivo, ma anche nel presidio di alcune specializzazioni produttive e relative competenze, a cominciare dalle produzioni manifatturiere. Il loro ruolo, quindi, è tutt’altro che marginale.

L’eterogeneità delle aree interne è riconosciuta dalla stessa Strategia Nazionale ad esse dedicate (SNAI), giunta oggi al secondo ciclo di programmazione degli investimenti, quando impone di dedicare le risorse ai soli Comuni più periferici (classificati come periferici e ultraperiferici) e con persistente declino demografico. Sono questi, infatti, i Comuni che vanno a costituire le cosiddette aree SNAI, macroaree territoriali (particolarmente estese nel caso toscano) su cui insiste una vera e propria strategia di sviluppo locale e di riadeguamento dell’offerta dei servizi pubblici locali, strategia che prevede per definizione investimenti multisettoriali, provenienti da una molteplicità di fonti (UE, Stato, Regione, Enti Locali) e soggetti ad una governance multilivello e sovracomunale. Restano esclusi dalla SNAI i Comuni moderatamente periferici (classificati interni intermedi), che in una regione a sviluppo diffuso come la Toscana sono spesso aree distrettuali, con una dinamica demografica relativamente vivace, dato l’invecchiamento complessivo e l’attuale declino demografico di tutto il contesto nazionale. Sono aree che condividono alcune delle caratteristiche demografiche e produttive delle cinture urbane, dalle quali si distinguono sostanzialmente per una maggiore distanza dai servizi essenziali.

In questo lavoro si è deciso di prendere in considerazione tutti i Comuni definiti area interna secondo la nuova classificazione pubblicata a scala nazionale nel 2022 e di metterne in evidenza l’eterogeneità.

L’analisi consente di individuare 3 diverse tipologie di aree interne.

Un primo gruppo è costituito dai Comuni posti lungo l’arco appenninico nella parte settentrionale della regione. Si tratta di Comuni quasi sempre periferici o ultraperiferici, collocati in territorio montano che rende difficili gli insediamenti e gli spostamenti, ma che, specialmente nelle aree più di valle e/o più vicine alle aree urbane presenta localizzazioni produttive importanti, specialmente per la componente manifatturiera, e insediamenti residenziali di tutto rilievo, spiegati da flussi di pendolarismo quotidiano con i centri urbani limitrofi. Questi fenomeni sono molto evidenti per i territori attorno all’area fiorentina e pratese, molto meno significativi per le aree più periferiche. Meno strategiche, ma complementari risultano in generale le attività connesse all’agricoltura e al turismo. Si tratta, infine, di una macroarea inserita nella SNAI fin dalla fase sperimentale del ciclo 2014-2020 e ricandidata per il nuovo ciclo 2021-2027.

Un secondo gruppo è rappresentato dai Comuni periferici e ultraperiferici della Toscana centro-meridionale, che dall’Alta Valdera e Alta Valdicecina si estende verso l’area dell’Amiata, nei suoi due versanti senese e grossetano, e verso la Valdichiana. Si tratta di aree prevalentemente collinari, in cui l’attività agricola gioca un ruolo di rilievo, seppur sempre più integrata con il turismo, e in alcuni casi con alcune produzioni manifatturiere. La caratteristica insediativa dominante di questi territori è la bassissima densità degli insediamenti e la forte distanza dai maggiori centri urbani. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di territori piccoli e fortemente isolati, che devono trovare nel proprio contesto le risorse per lo sviluppo, non potendo sviluppare relazioni pendolari giornaliere con i principali centri urbani. Questi territori sono stati quasi interamente candidati alla SNAI per il ciclo 2021-2027.

L’ultimo gruppo è costituito dai territori intermedi. Rientrano in questo gruppo il Valdarno aretino attorno a Montevarchi, il Chianti, la Valdelsa, la costa meridionale e le isole. Sono aree relativamente popolose, con motori di sviluppo solidi, pur nelle loro differenze (manifattura per Valdarno aretino e Valdelsa, pressoché il solo turismo balneare per la costa e le isole), con livelli buoni di accessibilità, pur differenziati per area (ad esempio il Valdarno aretino è ben collegato all’area metropolitana fiorentina), il cui deficit principale è appunto la dotazione di servizi pubblici essenziali. I territori di questo gruppo non hanno i requisiti per accedere alla SNAI, ma potrebbero trarre grandi benefici dal potenziamento della rete dei servizi territoriali, data anche la quota non esigua di popolazione e attività produttive che ospitano.

Complessivamente, i tre gruppi costituiscono il 67% della superficie regionale (ma le aree SNAI, cioè primo e secondo gruppo, da sole rappresentano il 53% del totale), il 24% della popolazione toscana (ma il terzo gruppo da solo ospita l’11% dei residenti) e il 17% del valore aggiunto complessivo (di cui circa la metà prodotto dal solo terzo gruppo).

Delineare le caratteristiche distintive dei tre gruppi consente quindi di elaborare suggerimenti di policy più mirati. I tratti cruciali sono almeno quattro:

1) la morfologia del territorio, perché le aree montane hanno relativamente più bisogno di interventi di messa in sicurezza idrogeologica e manutenzione dei versanti, oltre che di investimenti in tecnologie che riducano la necessità degli spostamenti;

2) la posizione rispetto alle maggiori aree urbane, perché lo sviluppo dei territori più decentrati e con minore accessibilità ai centri urbani deve fare affidamento solo sulle risorse endogene (insediamenti produttivi locali), mentre quello dei territori con facilità di accesso alle città può contare anche sullo sviluppo di relazioni pendolari quotidiane;

3) i livelli di insediamento, perché i Comuni intermedi hanno livelli di popolamento e di attività economiche che giustificano di per sé l’adeguamento dell’offerta dei servizi pubblici essenziali;

4) le specializzazioni produttive locali, perché molti di questi territori costituiscono dei veri e propri presidi della manifattura, un motore di sviluppo che assicura ritorni più solidi in termini di continuità del lavoro, livelli retributivi, guadagni di produttività e propensione all’innovazione.

In generale, tuttavia, tutti i territori necessitano di investimenti in infrastrutture e tecnologie, per recuperare un problema storico di sottoinvestimento che riguarda gli ultimi 30 anni dell’intero Paese e per cogliere appieno le nuove opportunità di sviluppo offerte dalle cosiddette transizioni. L’intensificazione dell’uso delle tecnologie digitali può consentire a molte aree periferiche di superare almeno in parte il loro deficit di accessibilità, riducendo di fatto il bisogno di mobilità fisica. Inoltre, la necessità di ridurre la pressione sulle risorse ambientali e di mitigare il cambiamento climatico, consente a queste aree, di solito ricche di patrimonio naturale e fornitrici di servizi ecosistemici fondamentali (tutela della risorsa idrica, abbattimento degli inquinanti, tenuta idrogeologica, sicurezza alimentare, ecc.) di assumere un ruolo più centrale nei processi di sviluppo.

Come già anticipato, molte di queste aree conservano localizzazioni manifatturiere importanti, frutto di investimenti di un lontano passato (la fase del decollo industriale) o anche degli investimenti più recenti di imprese di provenienza estera (si pensi al settore della camperistica in Valdelsa o a quello della moda, con l’importanza del ruolo delle griffe). È fondamentale per questi territori mantenere e rinnovare questi presidi economici territoriali, agendo sulle convenienze localizzative (investimenti in infrastrutture e tecnologie, ma anche in istruzione e formazione) e sugli stimoli all’innovazione che possono derivare dalla collaborazione con i centri di ricerca e sviluppo regionali. È importante, inoltre, per queste aree a bassa densità di insediamento, cercare di rafforzare dei piccoli poli di agglomerazione locali, concentrandovi investimenti e servizi, in modo da rendere più efficaci gli investimenti stessi e garantire un pacchetto minimo di servizi essenziali a popolazione e imprese. È con queste linee guida in mente che le aree interne (e il sistema di governance multilivello connesso) devono cogliere l’occasione dell’ampia disponibilità di risorse per gli investimenti (a cominciare dai fondi del PNRR), dopo decenni di politiche di austerità che hanno portato all’erosione del capitale fisico e immateriale accumulato in passato.

La struttura del lavoro è la seguente.

La prima parte è dedicata alla ricostruzione, in maniera molto approfondita, delle condizioni attuali delle diverse aree, spaziando dalle caratteristiche morfologiche, a quelle demografiche, per arrivare alle diverse specializzazioni produttive, ai legami pendolari con le aree urbane e agli esiti dei processi economici in termini di competenze domandate, livelli di occupazione, redditi prodotti e dimensione di povertà e disuguaglianza.

La seconda parte prevede una ricostruzione dei finanziamenti disponibili per gli investimenti e il loro orientamento tematico e settoriale. Chiude il lavoro una riflessione conclusiva sui possibili percorsi di sviluppo futuro, che evidenzia le principali opportunità per i territori periferici.

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