Come è noto non esiste una definizione univoca di professionista per cui non è sempre agevole fare comparazioni con altri paesi e, anche a livello regionale, non si è sempre certi di fornire un quadro esaustivo del fenomeno. In letteratura il libero...
Come è noto non esiste una definizione univoca di professionista per cui non è sempre agevole fare comparazioni con altri paesi e, anche a livello regionale, non si è sempre certi di fornire un quadro esaustivo del fenomeno.
In letteratura il libero professionista è sostanzialmente identificato come colui che svolge un’attività intellettuale altamente qualificata e specialistica, non necessariamente prevalente. Si tratta di attività svolta a favore di terzi e richiede il rispetto di regole deontologiche; il libero professionista è in genere iscritto a specifici ordini professionali, ma vi è anche un certo numero di “non ordinisti” che rappresentano una parte non irrilevante dell’universo dei liberi professionisti.
Vi sono ovviamente tanti modi di classificare le libere professioni. Si può partire –come è abitudine fare- dal lato dell’offerta, classificando i professionisti sulla base della tipologia del servizio offerto oppure dal lato della domanda, tenendo cioè conto della tipologia di cliente cui viene rivolto il servizio: famiglie, imprese, PA cui si debbono aggiungere i professionisti stessi dal momento che vi è un significativo interscambio di servizi tra di loro.
Quest’ultima rappresentazione –ovvero quella basata sugli utenti del servizio- non è in genere la più consueta, ma può essere utile perché nel corso di questi anni la domanda ha avuto dinamiche diverse con esiti diversi a seconda del prevalere dell’una o dell’altra categoria.
I servizi rivolti alle imprese – che rappresentano una parte prevalente delle attività professionali – hanno vissuto in questi anni di crisi (a partire cioè del 2008) un periodo particolarmente problematico per le difficoltà in cui è versato il mondo delle imprese, per cui la loro domanda, più che ridursi, ha subito una trasformazione evidente dirigendosi verso prestazioni più consone ad affrontare i momenti di difficoltà. Le conseguenze sono state evidenti sul giro d’affari (che è spesso aumentato), ma anche sul rendimento di tali attività dal momento che nei momenti difficili aumentano anche le insolvenze.
Per quel che riguarda la parte di prestazioni rivolte alle famiglie si tratta di un complesso di attività altrettanto importante, molto legato ai servizi di cura della persona; si tratta di una domanda di servizi che meno di altre ha subito gli effetti della crisi; infatti, al calo complessivo dei consumi delle famiglie avvenuto in questi anni, si è accompagnato un aumento -sebbene lieve- della componente rivolta all’acquisto dei servizi.
Il Rapporto è stato curato dal dott. Gildo Ciccotti con il coordinamento di Nicola Sciclone, dirigente dell’Area Lavoro, Istruzione e Welfare dell’IRPET.