L’esposizione del sistema agroalimentare toscano alla guerra in Ucraina

Nota di lavoro 11/2022 di T. Ferraresi e S. Turchetti

La crisi ucraina non si sta riverberando soltanto sui prezzi dei prodotti energetici, ma anche su quelli dei prodotti agricoli e alimentari. Già nel corso del 2021 i prezzi dei cereali, che si caratterizzano per un’elevata instabilità e risentono fortemente dell’andamento dei prezzi dei prodotti energetici, avevano subito un incremento costante legato a fattori congiunturali, tra cui la contrazione dell’offerta di alcuni grandi esportatori (Stati Uniti, Canada e Russia) e l’aumento della domanda cinese, in particolare di mangimi. L’Ucraina e la Russia sono tra i principali paesi esportatori di grano, mais e semi oleosi, come anche di altri prodotti utilizzati dall’industria alimentare, tra cui l’olio grezzo o raffinato di girasole. La minaccia che il conflitto sta portando alla produzione rischia di spingere ancora più in alto i prezzi delle commodities agricole, aggravando lo stato di insicurezza alimentare a livello globale.

Per quanto la sicurezza alimentare nazionale sia garantita da una solida base produttiva del mercato unico europeo, l’Italia è strutturalmente dipendente dalle forniture estere di cereali e prodotti lavorati per l’industria. In particolare, dall’Ucraina e dalla Russia importiamo direttamente il 10% del nostro fabbisogno cerealicolo, il 20% tra semi oleosi e oli industriali derivati, il 10% di leguminose da granella, destinate prevalentemente alla zootecnia, e circa il 5% di zucchero. A queste importazioni vanno aggiunti, poi, i prodotti agricoli e alimentari provenienti da Russia e Ucraina che importiamo indirettamente, perché utilizzati come input intermedi da paesi da cui importiamo poi lavorazioni successive. (…)

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