Ricerca curata da C. Agnoletti e V. Patacchini
La ricerca è stata curata da Chiara Agnoletti e Valentina Patacchini con il coordinamento di Patrizia Lattarulo dirigente dell’Area Economia pubblica e territorio dell’IRPET.
La Regione Toscana ha scelto di sviluppare il Piano Paesaggistico Regionale come integrazione del Piano di Indirizzo Territoriale vigente, al fine di non separare la questione paesistica da quella strutturale e strategica, anche a fronte del nuovo ruolo che ha investito la pianificazione paesaggistica in relazione all’applicazione del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D.lgs 42/2004), a quanto previsto dalla Convenzione Europea del Paesaggio (sottoscritta a Firenze nel 2000 e ratificata dall’Italia nel 2006) e sulle modalità di formazione dei piani paesaggistici nell’ambito della pianificazione territoriale di livello regionale (LR 65/2014).
La Convenzione Europea, in particolare, ha contribuito a modificare il concetto di Paesaggio oggetto delle politiche pubbliche, ponendo al centro dell’attenzione non più l’eccellenza paesaggistica già vincolata per legge, bensì i paesaggi ordinari delle comunità, ossia quei luoghi del vivere e dell’abitare che le popolazioni riconoscono come tali. L’implicazione sottesa dalla convenzione ad occuparsi del territorio regionale nella sua interezza e complessità è sostenuta analogamente dal Codice, che mette in oggetto, ad esempio, anche i paesaggi delle periferie, delle campagne urbanizzate e delle zone industriali degradate.
La pianificazione del Piano Paesaggistico non parte dal livello locale, ma si tratta di uno strumento i cui contenuti sono redatti in co-pianificazione tra Regione e Ministero competente, ed è un piano sovraordinato a cui gli altri paini e programmi, di qualsiasi livello, sono tenuti a conformarsi. I vincoli vigenti, quelli apposti per decreto (art.136 del Codice) e quelli previsti per Legge (art.142 del Codice), vengono contestualizzati e “vestiti” in coerenza con le discipline strutturate del Piano.
Così come emerge nella Relazione generale, il Piano “è chiamato ad integrare la nozione di paesaggio secondo tre approcci concorrenti: (i) l’approccio estetico percettivo (il concetto di “percezione” rinnovato dalla Convenzione Europea del Paesaggio, dal “bellosguardo” alla percezione degli abitanti dei loro mondi di vita), (ii) l’approccio ecologico (che individua e tratta le valenze ambientali del paesaggio e della sua organizzazione ecosistemica), (iii) l’approccio strutturale (che individua le identità dei luoghi formatesi nel tempo attraverso lo sviluppo delle relazioni fra insediamento umano e ambiente, e interpreta in forme processuali le relazioni fra “paesaggio ecologico” e “paesaggio culturale”)”. (…)