Il terzo trimestre del 2019 conferma i segnali non sempre positivi emersi nel corso dei primi sei mesi dell’anno. L’occupazione complessiva, sia dipendente sia indipendente, dalla rilevazione ISTAT sulle forze di lavoro, è solo in leggero aumento....
Il terzo trimestre del 2019 conferma i segnali non sempre positivi emersi nel corso dei primi sei mesi dell’anno. L’occupazione complessiva, sia dipendente sia indipendente, dalla rilevazione ISTAT sulle forze di lavoro, è solo in leggero aumento.
Il numero dei disoccupati rimane ai livelli molto vicini a quelli del corrispondente trimestre del 2018 così come il tasso di disoccupazione.
Gli addetti dipendenti segnano un aumento tendenziale dell’1,2% (circa +13mila), una crescita leggermente inferiore rispetto a quella rilevata nel secondo trimestre.
Continua con valori più elevati che nei tre mesi precedenti la crescita dello stock di dipendenti con contratto stabile, i lavoratori con contratto a tempo indeterminato o di apprendistato sono aumentati di circa 31mila unità (+3,6%), tale crescita è stata determinata dalle trasformazioni contrattuali.
Gli avviamenti complessivi segnano una variazione positiva dell’1,6%, continua la crescita dei nuovi contratti a tempo indeterminato (+3.917 avviamenti, +18,3%) e, a differenza del periodo aprile-giugno, i contratti a tempo determinato segnano un lieve risultato positivo (+1,0%) mentre continuano a diminuire i contratti in somministrazione
In Italia alle madri lavoratrici dipendenti spetta una maternità obbligatoria di 5 mesi (due prima del parto e tre successivamente) e successivamente una maternità facoltativa per un periodo massimo di 6 mesi retribuiti al 30% della busta paga. Le possibilità di scelta si riducono quindi a due opzioni: rientrare al lavoro quando il bimbo ha 3/4 mesi, dovendo però organizzare la cura del neonato (papà, nonni, baby-sitter, asili nido); oppure richiedere la maternità facoltativa con una forte riduzione dello stipendio.
C’è poi una terza possibilità: presentare dimissioni volontarie prive di preavviso nel periodo che va dai 300 giorni prima della data presunta del parto fi no al compimento dell’anno di vita del minore, maturando così il diritto a ricevere l’indennità di disoccupazione per il periodo dovuto (NaSpi).
Le dimissioni volontarie per maternità sono valide solo se presentate e convalidate presso le Direzioni Territoriali del Lavoro a norma dell’art. 4, comma 17 e seguenti della Legge n. 92/2012, per contrastare il fenomeno delle dimissioni in bianco e assicurarsi che la madre compia volontariamente tale scelta. In questo modo una lavoratrice mamma (o quasi-mamma) può rimanere a casa con il neonato, vedendosi garantito un sussidio statale pari al 75% della
media della paga base lorda degli ultimi 48 mesi, per un periodo pari al 50% delle settimane lavorate negli ultimi 48 mesi. D’altro canto, però perde il posto – che generalmente è a tempo indeterminato – e quindi l’autonomia fi nanziaria, uscendo dal mercato del lavoro. Una scelta non facile.
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