Trimestrale di informazione dell'Osservatorio regionale del Mercato del lavoro
IL QUADRO D’INSIEME
“Nel terzo trimestre 2023, in Italia, l’input di lavoro – misurato dalle ore lavorate – e il PIL aumentano in termini congiunturali e tendenziali, pur mostrando il secondo una dinamica più debole. L’input di lavoro è aumentato dello 0,4% rispetto al secondo trimestre 2023 e il PIL dello 0,1%; l’aumento rispetto al terzo trimestre 2022 si attesta all’1,8% e allo 0,1% rispettivamente”.
In Toscana la domanda di lavoro, espressa dagli avviamenti, mostra un leggero rallentamento con una riduzione tendenziale di -0,4% e di -1,2% sul trimestre precedente. Gli addetti dipendenti si mostrano, comunque, ancora in crescita: +3,4% sullo stesso trimestre del 2022 e +0,8% sul secondo del 2023. La crescita è trainata dall’occupazione stabile, somma di indeterminati e apprendisti, 41mila unità in più rispetto ai +3mila dei dipendenti a termine. I segni positivi, rispetto al secondo trimestre 2022, si osservano in quasi tutti settori produttivi. Nella manifattura gli aumenti più consistenti interessano l’oreficeria, la produzione di macchine e apparecchi meccanici e l’industria farmaceutica. Il settore conciario continua a mostrare segni di difficoltà non avendo ancora recuperato i livelli pre-pandemia e con una leggerissima variazione negativa rispetto al 2022, lo stesso per l’industria del marmo che ha una variazione nulla e negativa sul 2019; prosegue la crescita nelle costruzioni. Nel terziario si distinguono i servizi turistici per il consistente aumento mentre i servizi bancari si mostrano in costante e significativa riduzione. I disoccupati stimati da ISTAT si riducono di 8mila unità, soltanto a vantaggio degli uomini, il tasso di disoccupazione cala da 4,8% a 4,5%, mentre per le donne si registra un aumento, da 5,1% a 5,8%.
Approfondimento
LA POLARIZZAZIONE NEL MERCATO DEL LAVORO: UNA PROSPETTIVA DI GENERE
a cura di Natalia Faraoni
Le trasformazioni del mercato del lavoro dell’ultimo ventennio sono state da più parti interpretate come un processo di polarizzazione, prima evidenziato per gli Stati Uniti, poi indagato anche in Europa. Tale polarizzazione si realizza attraverso una crescita congiunta dei gruppi estremi della forza lavoro, quelli più e meno qualificati, a fronte di uno svuotamento delle fasce centrali di lavoratori. Le ragioni di questo slittamento verso gli estremi della distribuzione sono rintracciate negli effetti della cosiddetta transizione digitale: la crescente diffusione delle tecnologie 4.0 crea una nuova domanda di lavoro qualificato, espellendo al tempo stesso le funzioni più ripetitive, sia cognitive che manuali. Il peso del lavoro manifatturiero si è in effetti contratto, ad opera sia dell’introduzione di innovazioni tecnologiche che delle delocalizzazioni nei paesi a minor costo del lavoro. Ciò ha favorito la terziarizzazione dell’economia, con l’affermazione di fi gure altamente specializzate nell’offerta di servizi avanzati, ma anche con il peso crescente dei servizi alla persona, sospinto dall’invecchiamento della popolazione e dalla defamilizzazione delle attività di cura.
L’Italia rappresenta in questo panorama un’anomalia, perché gli studi sul caso nazionale evidenziano come all’aumento di una domanda di lavoro scarsamente qualificato nei servizi, non abbia corrisposto un’altrettanta crescita di occupazione qualificata, complice lo scarso assorbimento, da parte del nostro sistema produttivo, di lavoratori laureati, a cui si aggiunge la debole richiesta del settore pubblico, per molti anni rallentata dal blocco delle assunzioni.
A dimostrazione di questa tendenza, nel periodo post-pandemia le attività economiche in cui le posizioni lavorative sono aumentate maggiormente sono state il turismo, la logistica e i servizi alla persona, dove spicca una domanda di professioni a bassa qualifica. Può essere interessante applicare a questo tipo di analisi una prospettiva di genere. Sono noti i fenomeni di segregazione orizzontale e verticale che caratterizzano il lavoro femminile e, al tempo stesso, la crescita, negli ultimi decenni, del numero delle donne diplomate e laureate, a dimostrazione di una maggiore propensione a partecipare al mercato del lavoro e il possesso specifiche competenze. Permangono tuttavia gli ostacoli alla piena occupazione femminile, prevalentemente riconducibili al carico di attività di cura familiare e ai più bassi redditi medi percepiti.
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